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Suta al marcà: il cuore sotterraneo di Pavia di Ezio Tiraboschi

Dal sogno moderno degli anni ’60 al lento abbandono: il racconto del mercato ipogeo di Piazza della Vittoria tra reperti archeologici, commerci e memorie pavesi

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Da piazza Cavagneria ci si inoltrava in una breve galleria aperta sul muro del Broletto.
Pochi passi e si entrava in un ambiente, per me allora bambino, suggestivo, coinvolgente, rumoroso.

Con mamma Maurina avevo infatti varcato la soglia del mercato sotterraneo di piazza della Vittoria, oggi mercato ipogeo (dal greco “sottoterra”), che per i pavesi che dovevano fare la spesa è stato un punto di riferimento per decenni, tanto che nelle case si diceva: “vo suta al marcà”.

Le origini

Il mercato sotterraneo fu inaugurato nel 1961, allora sindaco era Pietro Vaccari.
Nacque dall’esigenza di traferire il mercato tradizionale della piazza, decisione presa a causa dell’ingombro e delle difficoltà logistiche che il mercato all’aperto provocava.

Fu deciso di lasciarlo sì in piazza, ma sotto la superficie.
La scelta fu ampiamente discussa e fortemente criticata, ma gli scavi, iniziati nel 1959, portarono alla rapida realizzazione dell’opera sotterranea.

Durante i lavori furono rinvenuti importanti reperti archeologici, fra cui resti di abitazioni romane e parte di una fognatura ben conservata dell’antica Pavia.
Prevalse però la volontà di modernizzare e razionalizzare l’area centrale della città, la “platea magna” degli antichi romani, perdendo così gran parte del patrimonio archeologico riemerso.

Struttura e organizzazione

Il mercato sotterraneo venne diviso in due parti:

  • l’area merceologica, cui si accedeva da rampe di scale poste ai lati della piazza;
  • l’area dei prodotti alimentari, con ingresso da piazza Cavagneria.

Inizialmente furono ben 43 gli stand commerciali che occupavano l’area sotterranea.
Si trattava di stand attrezzati, in postazioni fisse, che fecero del mercato il primo embrione in Italia dei futuri centri commerciali.

I ricordi di bambino

Alcuni stand restano ancora oggi nella memoria delle vecchie generazioni pavesi e anch’io ne ho vaghi ricordi.

Rammento che tappa obbligatoria per accettare tutta la trafila della spesa di mamma era il banco dei giocattoli: un mondo magico di automobiline, palloni, biglie metà colorate e metà trasparenti con inserite all’interno le figure dei corridori di allora (Gimondi, Anquetil, ecc.), i primi giochi da tavolo… anche se poi, a casa in cortile, ci si inventava il Giro d’Italia con i tappi delle bottiglie.

C’era il droghiere, il salumiere, il formaggiaio, il fruttivendolo e l’ortolano.
Mamma riempiva la borsa di tela mentre chiacchierava con loro e con conoscenti che regolarmente si incontravano.

Si comprava tutto sfuso: dal tonno alle olive, dai carciofini alle uova, persino lo zucchero.
A casa i vari cartocci di carta oleata venivano aperti e sistemati nella credenza e nel moderno frigo da poco acquistato.

Una sosta al bar caffè situato al centro dell’area, con camerieri dall’aria professionale e tanto di “scusalina”, che armeggiavano con grandi macchine del caffè, mi faceva guadagnare una caramella, un cioccolatino, a volte anche un biscotto.

L’altra area

Si lasciavano gli odori e il vociare della zona alimentari e ci si spostava nell’altra area.
Qui ricordo:

  • un orologiaio,
  • una merceria,
  • un banco con stoffe e tende,
  • uno stand con i prodotti per la casa,
  • uno di casalinghi,
  • un paio che vendevano abbigliamento.

In pratica, “suta al marcà” si poteva trovare veramente di tutto.

Critiche e declino

Il mercato sotterraneo, che come già accennato era nato fra mille perplessità, venne ulteriormente criticato e considerato inutile quando pochi anni dopo fu aperto il mercato all’aperto di piazza Petrarca.
In quel periodo qualcuno ipotizzò di trasformare l’area sotterranea in un mega parcheggio

Pur essendo stato per decenni un punto di riferimento per i pavesi, la sopravvivenza del mercato è stata messa a dura prova parecchie volte.

Già a fine anni ’80 è iniziato un lento ma inesorabile declino della struttura.
Vicissitudini di ogni tipo — legali, burocratiche, organizzative —, cambio di abitudini dei clienti, evoluzione del sistema commerciale con l’avvento dei supermercati, introduzione delle zone a traffico limitato in centro storico, hanno fatto sì che si sia sfiorato più volte il totale abbandono dell’area.

Si sono susseguiti negli anni ridimensionamenti, parziali chiusure, ristrutturazioni, progetti incompiuti di diverso utilizzo.

Oggi

È attualmente agibile solo l’ex area merceologica a nord.
Resistono solo alcune attività alle prese con beghe amministrative che ne rendono precario il futuro, anche se c’è chi combatte al loro fianco con ostinazione per la loro sopravvivenza e il loro rilancio, vero Matteo?

 

Ezio Tiraboschi